SANDRO RICALDONE
Così un volto dai tratti marcati si trasforma inagglomerato minerale; il profilo di una danzatrice in una concatenazione di motivi curvilinei; il mare intravisto a New York in un varco azzurro sovrastato da imponenti masse squadrate.
Dopo aver esordito giovanissima sulla scena artistica nei primi anni `70, con una serie di personali a Genova, Firenze e Milano, nelle quali presentava opere ascritte dalla critica dell’epoca ad un ambito neosurrealista, Marina Carboni è tornata in anni recenti a rivolgersi intensamente all’esercizio pittorico, che pure aveva coltivato in sede privata negli anni dedicati ad altra attività professionale.
Nel corso di questa segreta ricerca la drammatica disposizione originaria, incentrata su una figurazione visionaria popolata di presenze filiformi, di corpi in procinto di fondersi, come elementi di una vegetazione artificiale, nell’estensione di sfondi inospitali, si è venuta acquietando in un approccio disteso alla figura e al paesaggio, mantenendo tuttavia integra la peculiare propensione metamorfica che già – come si è accennato – permeava la pittura dell’artista al suo esordio.
Nei dipinti in mostra l’ambiguità della rappresentazione è spinta al limite dell’indecifrabilità tra volto e paesaggio, fra paesaggio e composizione astratta. Così un volto dai tratti marcati si trasforma in agglomerato minerale; il profilo di una danzatrice in una concatenazione di motivi curvilinei; il mare intravisto a New York in un varco azzurro sovrastato da imponenti masse squadrate.
Il colore, un tempo disteso in campiture uniformi, acquisisce nuove trasparenze, sfumature modulate con rigore e sapienza, che conferiscono ai singoli lavori una dimensione vibratile, particolarmente consona agli scorci ligustici che costituiscono il soggetto forse più frequentato, costituito dai borghi abbarbicati alla collina a precipizio sul mare delle Cinque Terre, di cui restituiscono poeticamente l”‘asprezza vertiginosa” evocata da Renato Birolli e, insieme, la “dosata gaiezza”.